Casa per una mosaicista
Il Carso è una terra aspra e dolce allo stesso tempo, fatta di rocce che celano grotte e fiumi sotterranei, che si oppongono ai venti gelidi della Bora nei mesi invernali e che rappresentano il punto di contatto tra i mondi dell’Est e la cultura mediterranea. Un luogo di mezzo, una terra di contrasti forti fatta di spazi caparbiamente conquistati dall’uomo come fossero tessere di un mosaico che, grazie alla sensibilità e alla volontà di trovare armonia, sanno donare momenti di quiete e piacevolezza senza pari.
È in questo contesto che si colloca il progetto di una casa isolata, per una donna che dedica le proprie giornate ad un’operazione lenta e raffinata come la creazione di mosaici. Opere d’arte fatte di tessere ognuna diversa dalle altre, spesso di forme irregolari, ma non per questo meno importanti, meno poetiche.
Proprio come una di queste tessere, si è presentato il terreno su cui si radica il progetto. Un elemento di risulta, rimasto incastrato tra le altre case, la strada ed una boscaglia di alberi autoctoni, che presenta una forma difficile, irregolare, stretta ed allungata ma, forse proprio per questo motivo, particolarmente interessante.
Una forma che ha contribuito a dettare l’impianto planimetrico della casa, in un dialogo con la percezione della casa carsica che ci deriva dalla visione poetica di Lojze Spacal. L’artista, tra i vari temi che elabora nel corso della sua vita, ci offre una riflessione su questi oggetti fatti di muri compatti con poche e minute aperture sui lati a nord-est in modo da potersi difendere dai venti gelidi dell’inverno che qui soffiano a oltre 150 km all’ora, fatti di tetti spioventi con piccole linde e, al contrario, di ampi spazi protetti e rivolti a sud in modo da poter godere della vita all’aperto nei mesi estivi. Una poetica, quella di Spacal, fatta d’una progressiva astrazione della visione delle tipiche case carsiche, fino a giungere ad un mondo fatto di superfici a due dimensioni con gli elementi divenuti dei piani contrapposti come in un vetrata a colori.
E’ questa la visione che da sempre ci accompagna nella lettura dei luoghi carsici dell’altopiano triestino: forme irregolari di colori puri e tessiture in bianco e nero che lavorano per accostamenti e lievi scarti per dare origine a composizioni apparentemente astratte ma che, all’osservatore attento, tornato bambino, sanno rivelare paesaggi fatti di case accostate le une alle altre, quasi a cercare protezione reciproca nei confronti della natura che le circonda.
Così vengono definiti gli elementi della composizione della casa, piani omogenei di diversa natura che compongono una forma che è espressione del radicamento ai luoghi del progetto: il basamento in cemento armato lavato che rimane a vista si accosta a superfici ad intonaco compatto scuro che definiscono la parte alta del manufatto fino ad inglobarne il tetto, i prospetti esposti alla Bora risultano quasi completamenti ciechi dando alla casa un carattere difensivo, mentre i lati a sud danno il senso dell’apertura ai mesi caldi, alla godimento della vita all’esterno che si relaziona con gli alberi e la necessità d’ombra mentre si dialoga con gli amici e si assapora un bicchiere di terrano, il vino locale che assume l’asprezza e la piacevolezza dei luoghi in un unico elemento.
La giunzione tra la parte bassa, che ricorda la pietra locale, e la parte alta è segnata da una sottile linea di demarcazione posta a bassorilievo e costituita da tessere di mosaico color giallo-oro che verrà realizzata dalla proprietaria stessa. Il tetto, realizzato in lamiera grigio scura vedrà la presenza del camino come oggetto scultoreo dorato, elemento simbolico che rappresenta la presenza di animo artistico come origine fondante della casa.
L’impianto planimetrico ricalca l’andamento dei confini del terreno definendo una forma stretta e allungata, quasi un pesce fossile dove gli spazi di servizio definiscono, per sottrazione, i luoghi principali della casa: la zona giorno, il laboratorio staccato rispetto al resto da un piccolo patio che, come un’apertura carsica, definisce una pausa nella struttura generale della casa e infine le stanze da letto che, sul lato ovest, determinano una deroga all’impianto monopiano del resto della casa. Qui una leggera depressione permette di creare due livelli sovrapposti senza che essi definiscano uno scarto eccessivo nella composizione generale dell’abitazione. Una serie di passaggi misurati permette il raggiungimento delle due camere la cui presenza viene segnata da prese di luce dedicate che, tradendo la regola di tenere le aperture sempre all’interno del basamento in cemento armato, danno ordine ad un sistema di fori capaci di inquadrare il contesto e utilizzare la luce naturale come un elemento scultoreo.
Gli interni sono caratterizzati da un numero ridotto di elementi di finitura con l’intenzione di concentrare l’attenzione da un lato sulla spazialità interna della casa e, dall’altro, sul rapporto che si viene a creare con la natura circostante.
Un approccio fortemente legato al genius loci che da origine ad un’architettura contemporanea intesa come operazione di lettura e traduzione di un contesto non solo fisico, ma anche legato alla tradizione culturale che lo pervade e caratterizza.